giovedì 30 gennaio 2014

RIFLESSIONI - Ma cos'è l'arte?


L’italiano, lingua espressiva quanto nessun’altra, ha una parola anomala: “arte”. Significa tutto, e quindi non significa niente. C’è l’arte culinaria e l’arte di Leonardo. C’è l’arte tessile e quella pittorica. Ci sono le arti marziali e quella architettonica, l’arte pedatoria e quella canora. Volendo, tutto è artistico. Dai gioielli ai fumetti, dagli affreschi di una chiesa alle note di Beethoven. Sintetizzando, arte dovrebbe essere tutto ciò che è creativo e suscita emozione. Ma distorcendo questo concetto, da tempo c’è anche gente che spaccia per arte delle “cose” prive di senso. Non mi dovrei azzardare ad esprimere giudizi, essendo incompetente della materia: ma ho un’età e soprattutto una condizione di vita che mi autorizzano ad abbandonare ogni prudenza. Voglio dire la mia.
Se vai in un museo di “arte contemporanea” vedi le opere più strambe. E’ arte uno stivale azzurro appoggiato su uno sgabello come quello esposto al Museo Guggenheim di New York? E’ arte quel mucchio di tessuto rosso infilato in certi bastoni e piazzato al centro di una sala di una mostra di Bilbao? A Bari, a fine febbraio 2014, una donna delle pulizie ha buttato tra i rifiuti alcuni cartoni abbandonati: erano un'"opera d'arte" contemporanea, valevano 10-12.000 euro! Trovo difficile legare il concetto di arte con un quadro di Lucio Fontana: tagli in una tela (foto in alto). Eppure è un artista celebrato da molti critici, parecchi dei quali per elogiare il nulla usano “l’arte oratoria”: parole difficili e bellissime che non significano niente. Una volta uno di questi si esaltò davanti ad un quadro imbrattato di vari colori, scrisse che esprimeva l’infinito dei sentimenti e non so cos’altro di tanto profondo. Solo dopo seppe che quel quadro l’aveva realizzato uno scimpanzè su istigazione di un tale, scettico verso certi artisti.
E’ arte quella mano di quasi cinque metri col dito medio alzato di Maurizio Cattelan che il Comune di Milano nel 2010 acconsentì ad installare in Piazza Affari pur tra mille polemiche? E’ arte quell’assurdo monumento di due tonnellate di acciaio piazzato a Roma a gennaio 2014 davanti al Circo Massimo che poi è stato rimosso e, spero, buttato nella spazzatura? Per me può essere arte, "street art", il Papa superman dipinto su un muro di Roma da Mauro Pallotta: non è stata d'accordo l'azienda municipializzata dei rifiuti che lo ha subito fatto cancellare "per motivi di decoro", lasciando poi la città eterna piena di spazzatura come al solito e spolverando ogni giorno il murales di Totti. Allora diciamo che arte è un concetto estremamente soggettivo, parola priva di senso. Pensate che Cicciolina si è definita un'"artista". E' una pornostar e basta.
Ho provato tante volte a mettermi davanti ad un soggetto per me incomprensibile: ci sono stato per molti minuti tentando invano di farmi uscire qualcosa dall’anima, un’emozione, un sentimento, una riflessione. Ho visto soltanto un imbroglio. Oggi tanta gente con un certo orgoglio per darsi un'identità si definisce artista: forse ha paura di apparire “senza arte né parte”, cioè insignificante. Un fatto è certo: questa gente conosce “l’arte di arrangiarsi”.

lunedì 13 gennaio 2014

LE MIE PASSIONI - I tortellini


Sfido chiunque a trovare un cibo straordinario come i tortellini bolognesi-modenesi. Ovviamente parlo di quelli fatti in casa, a mano, non di quelli preconfezionati e insacchettati. Straordinari non solo per il sapore ma anche per l’estetica e l’odore: prima di mettere in bocca un tortellino bisogna annusarlo, assumerne gli aromi, osservarlo nella sua inusuale fattezza; e dopo lo si deve masticare lentamente per meglio gustarne il sapore: è pasta all'uovo tirata sottile e ripiena di un misto di lombo di maiale, prosciutto crudo, mortadella di Bologna, parmigiano-reggiano (stagionato almeno tre anni), uova di gallina, noce moscata. 
Va mangiato rigorosamente in brodo di cappone o di gallina, ma è ugualmente gustoso anche al ragù o con la panna anche se questi condimenti penalizzano il ripieno. Mai cuocere i tortellini nell’acqua: se ne disperderebbe il sapore. La ricetta originale è stata depositata quarant'anni fa, il 7 dicembre 1974, con atto notarile presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Bologna dalla Dotta Confraternita del Tortellino e dalla delegazione di Bologna della Accademia Italiana della Cucina. Bologna e Modena se ne contendono la primogenitura, ma solo per un fatto amministrativo. Pare che il tortellino sia nato a Castelfranco Emilia, che fino al 1929 era in provincia di Bologna mentre oggi è sotto Modena. Per rivendicare il proprio diritto ad essere considerata patria di questa prelibatezza, la cittadina emiliana nel 2006 ha inaugurato un monumento, opera di Giovanni Ferrari di Pavullo del Frignano. 
E’ in bronzo patinato, cemento e travertino e raffigura ciò che racconta la leggenda sulla nascita del prezioso e insolito alimento: durante una delle storiche scaramucce fra Modena e Bologna, Bacco, Marte e Venere si fermarono a riposare alla locanda Corona di Castelfranco; la mattina successiva i primi due se ne andarono lasciando Venere ancora addormentata. Il proprietario della locanda, che era stato colpito dalla bellezza di Venere, non seppe resistere alla tentazione e sbirciò nella camera della dea attraverso il buco della serratura; ciò che vide lo folgorò: l’ombelico di Venere era qualcosa di unico. Ad esso si ispirò: corse in cucina e preparò quadrettini di pasta (oggi rigorosamente di 2-3 cm di lato) riempiendoli di ciò che aveva a portata di mano e modellandoli in modo di dare alla pasta quel rigonfiamento necessario a ben raffigurare l’ombelico di Venere. 
Il monumento di Castelfranco mostra proprio la sbirciata del locandiere a una discinta Venere. Di tortellini si parla dalla metà del 1600 e la parola deriva da “tortello”, una specie di piccola “torta” preparata con gli avanzi della cucina. Oggi è ben altra cosa, una prelibatezza sopraffina. Che si mangia solo dalle mie parti. A dire la verità, una volta ho mangiato tortellini eccellenti fuori di qui, è stato a Goteborg, in Svezia, nella trattoria di tale Tina. Chissà se era bolognese o modenese….


sabato 11 gennaio 2014

RIFLESSIONI - Dopo la morte


L’umanità è sempre stata tormentata da due grandi misteri, l’uno legato all’altro: l’universo e la morte. Attorno ad essi ruotano da millenni domande che non hanno risposte certe nonostante vi si siano applicati fior di scienziati e studiosi. Che cos’è l’universo? Quanto è grande, e chi l’ha messo lì? E poi: che succede quando uno muore? Finisce tutto o c’è il leggendario “aldilà”? Le risposte a mio parere sono condizionate da un limite connaturato al nostro essere: parliamo di questi misteri come se fossimo certi di essere gli unici abitanti dell’universo. E se c’è vita su altri pianeti o mondi ancora sconosciuti, come la pensano da quelle parti? I misteri sono talmente inesplicabili che per avere parvenze di risposte attendibili si è sempre fatto ricorso al “soprannaturale”, all’esistenza di un’”anima” che è una specie di coscienza senza tempo. Per i culti orientali – buddisti, induisti, sikh, ecc. – dopo la morte c’è la reincarnazione, cioè il passaggio da una vita terrena ad un’altra: rinasci in un’altra persona. 
Per le religioni africane tradizionali i morti diventano spiriti protettori dei vivi. L’ebraismo dice che dopo la morte “l’anima” raggiunge tutte le altre nello Shoel – una specie di soggiorno dei morti – in attesa del giudizio finale da parte di Dio. Anche l’islamismo afferma che ci sarà un giudizio finale e che Allah deciderà chi è destinato all’inferno e chi invece alla luce eterna. I kamikaze di Al Qaeda si ammazzano col miraggio di avere come premio nel paradiso di Allah un certo numero di vergini a loro disposizione. Il cattolicesimo dice che dopo la morte ci sono tre diversi tipi di destinazione: inferno, purgatorio, paradiso, anche se la Bibbia - in cui spesso puoi leggere tutto e il contrario di tutto a seconda degli autori dei vari libri - parla solo di paradiso e inferno, popolati da angeli e diavoli. Dante Alighieri 700 anni fa ci ha costruito sopra il suo capolavoro, la Divina Commedia. Mi chiedo anche: si parla sempre e solo di uomini: e gli animali che hanno un cuore e sangue nelle vene come noi che fine fanno? sono esclusi da un eventuale futuro dopo la morte? Se sì, non hanno un’anima. Ma questo chi lo ha deciso? Non sono “creature di Dio” anche loro? E mi chiedo ancora: nell’ipotetico aldilà stanno tutti insieme i seguaci di Allah, Budda e di Dio o c’è qualche distinzione? O il Dio dell'uomo è uno solo con nomi diversi? C’è chi si è risvegliato dal coma e ha raccontato di aver vissuto in una luce meravigliosa: era il paradiso o cosa? E se quel malcapitato era un peccatore non avrebbe visto alcuna luce ma sentito il calore delle fiamme dell'inferno?
Vorrei tanto “credere” che la mia vita non finisce assieme al battito del cuore, se non altro per poter comparire in sogno a mia moglie regalandole i numeri del lotto. Ma non ci riesco: sono troppe le domande che restano inevitabilmente senza risposta. Troppe le bugie e le ipocrisie costruite attorno a questi grandi misteri. Fortuna che fra non molto potrò assolvere tutte le mie curiosità in proposito. Ma non credo che potrò raccontarvelo.

giovedì 9 gennaio 2014

RIFLESSIONI - La moda del tweet


Il cammino dell’umanità è sempre stato segnato periodicamente da scoperte e invenzioni che ne hanno cambiato il percorso in maniera determinante. Pensate alla scoperta di nuove terre o di un farmaco, all’invenzione del motore, della luce, del telefono senza fili, della televisione. Oggi ci troviamo al centro di una rivoluzione sconvolgente i cui effetti sul nostro destino sono ancora sconosciuti. Il tutto è successo poco più di una ventina d’anni fa. Nel 1990 il cellulare era un oggetto praticamente sconosciuto. Ricordo che il presidente della Federcalcio Antonio Matarrese ne fece regalo ai calciatori azzurri che partecipavano al Mondiale italiano. Pareva una stravaganza per ricchi, oggi non c’è chi non ne abbia uno. E’ utile, anche se c’è chi ne abusa per sparare sciocchezze, specie inutili sms. E pensate al computer. Nel 1996 da noi c’erano ancora la telescrivente e il fax. Oggi del pc non ne puoi fare a meno. Tantomeno di internet. Dopo, è stato un continuo e velocissimo evolversi di questi oggetti che hanno stravolto e stanno stravolgendo le nostre vite. E il nostro cervello. Sì, perché la rivoluzione in atto – a differenza delle altre - tocca direttamente la nostra testa. Non parliamo più l’uno con l’altro, ci muoviamo di meno: fanno tutto computer e i derivati dei cellulari, iPad, Smartphone, ecc. Non giudico, sono solo molto perplesso. E non appartengo alla categoria di quegli anziani che rifiutano le rivoluzioni generazi0nali.
Oggi è di moda “twittare”: cioè scrivere anziché parlare, individui isolati davanti a uno schermo che comunicano solo in maniera indiretta, magari esaltando il proprio narcisismo e cercando consensi. Twitter è un cosiddetto social network creato a San Francisco nel 2006 e non vuol dire “cinguettio” perchè in origine si chiamava “twttr”, che nelle intenzioni del suo ideatore era un “flusso di pensieri”, una maniera nuova di comunicare, uno strumento di informazione. Solo dopo è stato associato all’uccellino che, chiuso nella sua gabbia, sparge suoni al vento. Così era il pennuto inventato dopo il 1946 dalla Warner Bros, che in origine si chiamava Orson in omaggio a Orson Welles di cui Bob Clampet, ideatore del personaggio di Tweety, era ammiratore. Tweety, in italiano Titti,  era un canarino che protetto dalla sua gabbia, era sempre impegnato a fuggire agli agguati di un gatto, Silvestro. "Twittare" è un modo per nascondersi, per non guardare in faccia l’interlocutore, e quindi anche per dire le cose più oscene e terribili: specie fra i giovani, ma non solo. Minacce e offese vengono sparate senza pensare alle conseguenze: vigliaccamente c’è chi ha augurato la morte a quella ragazza che difendeva la sperimentazione sugli animali, cosa che le ha allungato la vita; c'è stato chi ha ingiuriato Bersani steso in un letto di ospedale, chi tortura gay e nemici vari spargendo infamie, chi fa del bullismo. Tanto che adesso si vuole regolamentare la faccenda. Impossibile, a mio parere: gli idioti non moriranno mai. Persino i politici, i giornalisti, i personaggi pubblici si scambiano insulti o sparano stupidate via web: troppo rischioso e antiquato dare dell'imbecille a uno guardandolo negli occhi. Più facile scriverlo, magari cancellandolo un'ora dopo come se nulla fosse successo. A fine 2014 il 70enne Bruno Vespa, per propagandare il suo programma che avrebbe parlato dei gay, ha scritto una frase maldestra che ha scatenato l'ira degli omosessuali: sarebbe stato meglio se avesse usato la parola. Ma twitter è tanto di moda e anche lui non ha resistito alla tentazione!  Leggo a febbraio 2014 che gli utenti di twitter sono in calo e che il titolo è crollato a Wall Street: forse qualcuno comincia a capire l'insensatezza di un tale strumento di comunicazione. Penso al futuro dell’uomo, fatto di sola testa, un mostro: forse arriveremo al teletrasporto, alla telecinesi, alla lettura del pensiero, le potenzialità del cervello umano sono ancora sconosciute. Peccato solo che in tutto questo fermento di cervelloni nessuno sia ancora riuscito a scoprire come stroncare un tumore.