martedì 18 marzo 2014

C'ERA UNA VOLTA - Lo scaldaletto


Una volta non c‘era il riscaldamento a gas: c’era la stufa a legna, una meraviglia dell’ingegno dell’uomo: quattro fornelli, due cassetti destinati alla legna da ardere e alla raccolta della cenere che poi serviva a conservare i salumi. E non c’era niente di meglio delle stufa per abbrustolirci sopra le fette di polenta da mangiare con ogni tipo di condimento, fosse ragù o marmellata o altro. 
La stufa bastava a riscaldare una abitazione non troppo grande, che veniva invasa da una tepore pulito e profumato. Certo, d’inverno riscaldare una stanza da letto “gelata” non era facile. Ma anche qui qualcuno si inventò qualcosa di geniale: lo “scaldaletto”. Era formato da due coppie di assicelle ricurve unite alle estremità e poste sopra e sotto una specie di gabbia quadrata ricoperta da lamiera destinata ad ospitare un contenitore con la brace prelevata dalla stufa. Questo attrezzo veniva sistemato sotto le coperte per togliere umidità alle lenzuola e al materasso. Il risultato, una mezz’oretta dopo, era un tepore piacevolissimo che consentiva di addormentarti. Maliziosamente lo scaldaletto veniva chiamato “prete”, e “suora” il contenitore della brace: si diceva che preti e suore per scaldarsi nelle lunghe notti d’inverno giacessero assieme a letto, secondo una convinzione abbastanza diffusa. 
Ho passato la mia infanzia con lo scaldaletto, nella casa di campagna dei miei nonni. E il ricordo che ne ho è indelebile. Perché secondo me lo scaldaletto era qualcosa di miracoloso: mai un raffreddore o altro di simile.

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