mercoledì 23 aprile 2014

AMARCORD - Lo schiaffo


Ci sono cose che ti restano dentro per la vita, che ti traumatizzano. Mio padre fu condizionato da un trauma subìto da giovane. Era un uomo semplice, di campagna, umile, generoso, profondamente legato a sentimenti di giustizia, abituato ad andare in giro prima con i carri attaccati al cavallo e poi come camionista. Un giorno, verso la fine degli anni 20, si trovò a dovere andare alla stazione ferroviaria di Bologna a fare non so cosa. Capostazione era un romagnolo del forlivese, Domenico Lama, padre di Luciano Lama, che – nato nel 1921 -  sarebbe poi diventato comunista, sindacalista e quindi politico di sinistra. Domenico Lama si era iscritto al Partito Popolare Italiano fondato nel 1921 da Don Sturzo. Il partito dopo il 1926 si sarebbe sfaldato in tanti rivoli, uno dei quali aderente al fascismo. Ecco, Domenico Lama era fascista convinto. Mio padre al cospetto di tale personaggio sbagliò qualcosa, non so cosa, non ricordo cosa mi disse. Forse sbagliò il saluto, forse disse qualcosa che non era nelle regole, forse non disse “a noi!”. Fatto sta che Domenico Lama si alzò con fare arrogante e prese a schiaffi mio padre redarguendolo duramente. Ecco il trauma. Da allora e per sempre, quando vedeva in tv un politico, diceva: Magnapàn a tradimant!, mangiapane a tradimento. Oggi si dice la stessa cosa in modi diversi ma la sostanza è quella. Dopo quella invettiva, mio padre magari ricordava quell’episodio con voce tremante di pianto. Un pianto di rabbia, per quella assurda ingiustizia patita. Ricorderò per sempre il suo viso stravolto nel raccontare quel fatto.

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