L’italiano, lingua espressiva quanto nessun’altra,
ha una parola anomala: “arte”. Significa tutto, e quindi non significa niente. C’è l’arte culinaria e l’arte di Leonardo. C’è l’arte tessile e quella
pittorica. Ci sono le arti marziali e quella architettonica, l’arte pedatoria e
quella canora. Volendo, tutto è artistico. Dai gioielli ai fumetti, dagli
affreschi di una chiesa alle note di Beethoven. Sintetizzando, arte dovrebbe essere tutto ciò che è creativo e suscita emozione. Ma distorcendo questo
concetto, da tempo c’è anche gente che spaccia per arte delle “cose” prive di senso. Non
mi dovrei azzardare ad esprimere giudizi, essendo incompetente della materia:
ma ho un’età e soprattutto una condizione di vita che mi autorizzano ad
abbandonare ogni prudenza. Voglio dire la mia.
Se vai in un museo di “arte contemporanea” vedi le opere più strambe. E’ arte uno stivale azzurro appoggiato su uno sgabello come quello esposto al Museo Guggenheim di New York? E’ arte quel mucchio di tessuto rosso infilato in certi bastoni e piazzato al centro di una sala di una mostra di Bilbao? A Bari, a fine febbraio 2014, una donna delle pulizie ha buttato tra i rifiuti alcuni cartoni abbandonati: erano un'"opera d'arte" contemporanea, valevano 10-12.000 euro! Trovo difficile legare il concetto di arte con un quadro di Lucio Fontana: tagli in una tela (foto in alto). Eppure è un artista celebrato da molti critici, parecchi dei quali per elogiare il nulla usano “l’arte oratoria”: parole difficili e bellissime che non significano niente. Una volta uno di questi si esaltò davanti ad un quadro imbrattato di vari colori, scrisse che esprimeva l’infinito dei sentimenti e non so cos’altro di tanto profondo. Solo dopo seppe che quel quadro l’aveva realizzato uno scimpanzè su istigazione di un tale, scettico verso certi artisti.
Se vai in un museo di “arte contemporanea” vedi le opere più strambe. E’ arte uno stivale azzurro appoggiato su uno sgabello come quello esposto al Museo Guggenheim di New York? E’ arte quel mucchio di tessuto rosso infilato in certi bastoni e piazzato al centro di una sala di una mostra di Bilbao? A Bari, a fine febbraio 2014, una donna delle pulizie ha buttato tra i rifiuti alcuni cartoni abbandonati: erano un'"opera d'arte" contemporanea, valevano 10-12.000 euro! Trovo difficile legare il concetto di arte con un quadro di Lucio Fontana: tagli in una tela (foto in alto). Eppure è un artista celebrato da molti critici, parecchi dei quali per elogiare il nulla usano “l’arte oratoria”: parole difficili e bellissime che non significano niente. Una volta uno di questi si esaltò davanti ad un quadro imbrattato di vari colori, scrisse che esprimeva l’infinito dei sentimenti e non so cos’altro di tanto profondo. Solo dopo seppe che quel quadro l’aveva realizzato uno scimpanzè su istigazione di un tale, scettico verso certi artisti.
E’ arte quella mano di quasi cinque metri col dito medio alzato di
Maurizio Cattelan che il Comune di Milano nel 2010 acconsentì ad installare in
Piazza Affari pur tra mille polemiche? E’ arte quell’assurdo monumento di due tonnellate di acciaio piazzato
a Roma a gennaio 2014 davanti al Circo Massimo che poi è stato rimosso e,
spero, buttato nella spazzatura? Per me può essere arte, "street art", il Papa superman dipinto su un muro di Roma da Mauro Pallotta: non è stata d'accordo l'azienda municipializzata dei rifiuti che lo ha subito fatto cancellare "per motivi di decoro", lasciando poi la città eterna piena di spazzatura come al solito e spolverando ogni giorno il murales di Totti. Allora diciamo che arte è un concetto estremamente soggettivo, parola priva di senso. Pensate che Cicciolina si è definita un'"artista". E' una pornostar e basta.
Ho provato tante volte a mettermi davanti ad un soggetto per me incomprensibile: ci sono stato per molti minuti tentando invano di farmi uscire qualcosa dall’anima, un’emozione, un sentimento, una riflessione. Ho visto soltanto un imbroglio. Oggi tanta gente con un certo orgoglio per darsi un'identità si definisce artista: forse ha paura di apparire “senza arte né parte”, cioè insignificante. Un fatto è certo: questa gente conosce “l’arte di arrangiarsi”.
Ho provato tante volte a mettermi davanti ad un soggetto per me incomprensibile: ci sono stato per molti minuti tentando invano di farmi uscire qualcosa dall’anima, un’emozione, un sentimento, una riflessione. Ho visto soltanto un imbroglio. Oggi tanta gente con un certo orgoglio per darsi un'identità si definisce artista: forse ha paura di apparire “senza arte né parte”, cioè insignificante. Un fatto è certo: questa gente conosce “l’arte di arrangiarsi”.