Sfido chiunque a trovare un cibo straordinario come
i tortellini bolognesi-modenesi. Ovviamente parlo di quelli fatti in casa, a
mano, non di quelli preconfezionati e insacchettati. Straordinari non solo per
il sapore ma anche per l’estetica e l’odore: prima di mettere in bocca un
tortellino bisogna annusarlo, assumerne gli aromi, osservarlo nella sua
inusuale fattezza; e dopo lo si deve masticare lentamente per meglio gustarne
il sapore: è pasta all'uovo tirata sottile e ripiena di un misto di lombo di maiale, prosciutto crudo,
mortadella di Bologna, parmigiano-reggiano (stagionato almeno tre anni), uova
di gallina, noce moscata.
Va mangiato rigorosamente in brodo di cappone o di
gallina, ma è ugualmente gustoso anche al ragù o con la panna anche se questi
condimenti penalizzano il ripieno. Mai cuocere i tortellini nell’acqua: se ne
disperderebbe il sapore. La ricetta originale è stata depositata quarant'anni fa, il 7 dicembre
1974, con atto notarile presso la Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Bologna dalla Dotta Confraternita del Tortellino e dalla
delegazione di Bologna della Accademia Italiana della Cucina. Bologna e Modena se ne contendono la primogenitura,
ma solo per un fatto amministrativo. Pare che il tortellino sia nato a Castelfranco Emilia, che
fino al 1929 era in provincia di Bologna mentre oggi è sotto Modena. Per
rivendicare il proprio diritto ad essere considerata patria di questa prelibatezza, la
cittadina emiliana nel 2006 ha inaugurato un monumento, opera di
Giovanni Ferrari di Pavullo del Frignano.
E’ in bronzo patinato, cemento e
travertino e raffigura ciò che racconta la leggenda sulla nascita del prezioso
e insolito alimento: durante una delle storiche scaramucce fra Modena e
Bologna, Bacco, Marte e Venere si fermarono a riposare alla locanda Corona di
Castelfranco; la mattina successiva i primi due se ne andarono lasciando Venere ancora
addormentata. Il proprietario della locanda, che era stato colpito dalla
bellezza di Venere, non seppe resistere alla tentazione e sbirciò nella camera
della dea attraverso il buco della serratura; ciò che vide lo folgorò:
l’ombelico di Venere era qualcosa di unico. Ad esso si ispirò: corse in cucina
e preparò quadrettini di pasta (oggi rigorosamente di 2-3 cm di lato)
riempiendoli di ciò che aveva a portata di mano e modellandoli in modo di dare
alla pasta quel rigonfiamento necessario a ben raffigurare l’ombelico di
Venere.
Il monumento di Castelfranco mostra proprio la sbirciata del locandiere
a una discinta Venere. Di tortellini si parla dalla metà del 1600 e la parola
deriva da “tortello”, una specie di piccola “torta” preparata con gli avanzi
della cucina. Oggi è ben altra cosa, una prelibatezza sopraffina. Che si mangia
solo dalle mie parti. A dire la verità, una volta ho mangiato tortellini
eccellenti fuori di qui, è stato a Goteborg, in Svezia, nella trattoria di tale
Tina. Chissà se era bolognese o modenese….
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