Ci sono cose che ti restano dentro per la vita, che
ti traumatizzano. Mio padre fu condizionato da un trauma subìto da giovane. Era
un uomo semplice, di campagna, umile, generoso, profondamente legato a sentimenti
di giustizia, abituato ad andare in giro prima con i carri attaccati al cavallo
e poi come camionista. Un giorno, verso la fine degli anni 20, si trovò a
dovere andare alla stazione ferroviaria di Bologna a fare non so cosa. Capostazione era un
romagnolo del forlivese, Domenico Lama, padre di Luciano Lama, che – nato nel
1921 - sarebbe poi diventato comunista, sindacalista
e quindi politico di sinistra. Domenico Lama si era iscritto al Partito
Popolare Italiano fondato nel 1921 da Don Sturzo. Il partito dopo il 1926 si
sarebbe sfaldato in tanti rivoli, uno dei quali aderente al fascismo. Ecco,
Domenico Lama era fascista convinto. Mio padre al cospetto di tale personaggio
sbagliò qualcosa, non so cosa, non ricordo cosa mi disse. Forse sbagliò il saluto, forse disse qualcosa che
non era nelle regole, forse non disse “a noi!”. Fatto sta che Domenico Lama si
alzò con fare arrogante e prese a schiaffi mio padre redarguendolo duramente.
Ecco il trauma. Da allora e per sempre, quando vedeva in tv un politico,
diceva: Magnapàn a tradimant!,
mangiapane a tradimento. Oggi si dice la stessa cosa in modi diversi ma la
sostanza è quella. Dopo quella invettiva, mio padre magari ricordava
quell’episodio con voce tremante di pianto. Un pianto di rabbia, per quella
assurda ingiustizia patita. Ricorderò per sempre il suo viso stravolto nel raccontare quel fatto.
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