Il Portogallo è la parte più occidentale
dell’Europa: dopo, c’è l’Oceano Atlantico che porta ad altri mondi. Un viaggio
in questa terra ti arricchisce. Ci sono stato per otto giorni una quindicina di
anni fa e ancora conservo vividi ricordi. Nell’aria che respiri cogli un
sentimento di libertà, di nostalgia, la saudade
per avventure lontane. Il fado, la
tipica armonia di queste parti, è il suono del Portogallo, intriso di malinconia, ne riassume bene lo spirito. Come la risacca
delle onde che vengono da lontano contro spiagge e scogli. O come il Porto, un
vino liquoroso che va bevuto dopo 10 o 20 o addirittura 40 anni
dall’imbottigliamento e che va centellinato lentamente, ad occhi chiusi. La voce di Amalia Rodriguez, leggendaria interprete del fado, per anni ha riassunto in maniera perfetta questa atmosfera. La
capitale del Portogallo è Lisbona, sulle foce del fiume Tago: la Torre di
Belem (foto sopra) ricorda che da qui alla fine del 1400 partì Vasco da Gama per andare alla
scoperta delle Indie e di altri orizzonti: il Brasile parla portoghese, per
dire.
Lisbona ha nemmeno mezzo milione di abitanti, dal mare sale fin sulle
colline, ci puoi andare con un tram che arranca lentamente attraverso viuzze
strette. E’ una città che ti sorprende ad ogni angolo e che va visitata adagio.
Magari fermandosi ogni tanto in una delle numerose pastelerias dove fanno i
celeberrimi pasteis, piccoli canestri
di pasta sfoglia ripieni di crema cotta al forno. Così amava fare anche
Fernando Pessoa, enigmatico poeta e scrittore portoghese la cui statua lo raffigura
seduto a un tavolino di marmo in mezzo ad altri tavoli veri (foto sotto a destra). Farsi fotografare
seduti accanto a Pessoa è quasi un obbligo.
In giro c’è gente aperta, disponibile ma seria. Una caratteristica che ritrovi nella luce degli azuleios
che ricoprono case o chiese: uno sfondo di
piastrelle di ceramica sulle quali sono state disegnate scene di vita o di
carattere religioso. Ne comprai tre, di queste piastrelle, con incise le iniziali mie, di mia moglie e di mio figlio, le ho appiccicate davanti alla porta di casa.
Ti muovi da Lisbona e scopri cose straordinarie. Come le
scogliere dell’Algarve, costellate di campi da golf. O come Cascais, dove è
d’obbligo sostare per vedere la vecchia residenza dei reali d’Italia qui in
esilio e oggi trasformata in albergo lussuoso (foto a fianco). O come Nazarè, antichissimo e
pittoresco villaggio di pescatori dove sulla spiaggia vedi ancora uomini che
aggiustano le reti o preparano barche con i movimenti lenti di un tempo. Più su,
a 123 km da Lisbona, c’è Fatima (foto sotto), il luogo dove nel 1917 la Madonna apparve a
tre piccoli pastori preannunciando loro le sorti del mondo. E’ un posto magico attorno al
quale si coagula la sofferenza e la speranza del mondo. Anche per chi non
crede, come me, la suggestione è forte: inevitabile lasciarsi coinvolgere da
sentimenti di rispetto, serenità. C'è gente arrivata fin qui da ogni parte a pregare per la propria guarigione o a sperare in un miracolo o semplicemente per avvertire la presenza di Maria. Invidio chi ha questa fede, mi arrabbio con me stesso per non riuscire a credere, odio la ragione, il cervello, che mi costringe ad affrontare la vita con perversa razionalità.
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