Gente,
un po’ di rispetto: ho il blasone, io! Lo stemma di famiglia è costituito da un
albero di noce verde, sradicato, con frutti d’oro, su fondo argentato. Per la
precisione, la descrizione originaria è la seguente: “D’argento all’albero di noce verde sradicato e fruttato d’oro”. Titolare dello stemma era tale Novarino De Nocetti, vissuto
all’inizio del 1400 a Cravegna in provincia di Novara e i cui discendenti si
sparpagliarono poi in Svizzera, in Lombardia, nel bergamasco e nel bresciano e
in Emilia. A metà del 1400 Novarino arrivò a Bologna dove divenne mercante. Gli
andò male. Caduto in gravi ristrettezze, si mise a fare il facchino. Essendo di
esile corporatura, fu soprannominato “il
facchinetto”: da qui l’attuale Facchinetti. Per la storia, "facchino" deriva dall'arabo Faqih, che prima era un sovrintendente alle dogane e poi con la grave crisi del mondo arabo divenne commerciante e trasportatore di merci. Siamo gente orgogliosa e dura come il noce,
noi! Infatti il facchinetto riuscì ad arricchirsi e potè mantenere agli studi i
suoi due figli, Pietro e Antonio. Quest’ultimo fu padre di Giannantonio Facchinetti De Nuce nato il
5 luglio del 1514, fatto poi cardinale nel 1583 e Papa nel 1591 col nome di
Innocenzo IX. I figli della sorella di Innocenzo IX, Antonia, furono adottati
dal Papa, si chiamarono anch’essi Facchinetti e restarono a Bologna dove ebbero
onori e furono aggregati al Senato Bolognese. Nel 1860 due Facchinetti fecero
parte della Spedizione dei Mille di Garibaldi, Alessandro Antonio da Bergamo e
Giovanni Battista da Brescia. Avete capito gente da dove derivo io? Oddio, per
la verità io derivo da un ramo sfigato dei Facchinetti. Mio bisnonno Andrea,
nato a Minerbio (Bo) verso il 1850, faceva - ovviamente - l’ambulante. Suo figlio Giovanni
– mio nonno, analfabeta – che aveva nel sangue la vocazione al girovagare e al trasporto di
merci, andava in giro con barroccio e cavalli portando roba. Era nato nel 1877.
Mio padre Luigi, nato nel 1909, seguì l’istinto genetico e dopo aver
girato col cavallo divenne camionista. Però aveva fatto le elementari. Poi nel 1938 sono arrivato io e qui c’è stato un
cambio generazionale storico: a trasportare roba non ho mai pensato, men che
meno a commerciarla. Da mia madre presi la voglia di acculturarmi e scelsi un’altra strada – da solo, senza aiuti o raccomandazioni e me ne vanto - che oggi è quella di mio figlio. Perché racconto queste cose? Perché oggi ho voglia di
sorridere, e perché penso che ciascuno di noi farebbe bene a cercare le proprie
radici e capire meglio se stesso. Conoscendo se stessi, si possono capire meglio anche gli altri.
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