domenica 22 settembre 2013

I PERCHE' - La maglia nera


Perché di un atleta che arriva ultimo in una gara si dice che è “maglia nera”?


Oggi capita di sentir dire che fra i paesi che leggono meno libri la maglia nera spetta all’Italia; oppure che la maglia nera dei mari inquinati è il Mediterraneo. Maglia nera è sinonimo di primato negativo, un neologismo acquisito dal nostro linguaggio sulla spinta di un ricordo per molti sfuocato se non cancellato. Maglia nera era l’ultimo dei corridori nella classifica del Giro d’Italia nell’immediato dopoguerra. Una espressione prima soltanto figurata (nella nostra cultura il nero è colore negativo) e poi concretizzata in un indumento da fare indossare al corridore più lento in contrapposizione alla maglia rosa che spettava invece al primo. Colui che trascinò nella leggenda e poi nel linguaggio corrente l’espressione “maglia nera” fu Luigi Malabrocca, corridore tortonese, classe 1920: ultimo nel Giro 1946 a 4h9’34” dal vincitore Bartali, ultimo nel 1947 a 5h52’20” da Coppi, penultimo nel 1949 a 7h47’26” da Coppi e “battuto” solo da Sante Carollo, un friulano, classificatosi con un distacco di 9h57’07” dal primo. Fu proprio il 1949 a consacrare alla storia il mito della Maglia Nera. Quell’anno Malabrocca e Carollo furono protagonisti di un paradossale quanto epico duello, non privo di colpi bassi, per arrivare in fondo al gruppo. Si nascondevano dietro le siepi per farsi anticipare dal rivale, si fermavano nelle osterie per perdere tempo, fingevano crisi apocalittiche per arrivare ultimi, compivano acrobazie cronometriche per non finire la tappa fuori tempo massimo. “Vinse” Carollo e a molti dispiacque sinceramente che Malabrocca fosse defraudato dalla fama che si era conquistato con generosa fatica. Dispiacque soprattutto a Malabrocca che, mancando l’obiettivo, dovette rinunciare a un sacco di soldi. Infatti la faccenda della maglia nera era divenuta così popolare che l’ultimo arrivato riceveva premi in denaro e in natura parecchio più consistenti di quelli destinati ai piazzati dell’alta classifica. Fu quello del 1949 l’ultimo Giro portato a conclusione da Malabrocca. La maglia nera fu assegnata ancora per qualche anno ma, assente colui che l’aveva “creata”, perse il suo fascino e la ragione d’essere. E così fu abbandonata. Ha resistito nel tempo solo come modo di dire. Malabrocca all’inizio della sua leggenda aveva cominciato ad arrivare in fondo al gruppo proprio perché non aveva la forza di fare meglio. Ma poi mirò scientemente a quel piazzamento: ne guadagnava in popolarità e in soldoni. La gente correva lungo le strade del Giro e sapeva che lo spettacolo della carovana non si esauriva col passaggio dei primi ma sarebbe continuato con la visione dell’Ultimo, l’arrancante Malabrocca. Quel nome poi, così bizzarro, contribuì a fare la fortuna del corridore: era in perfetta simbiosi con la caratura dell’atleta. Divenne popolare perché propagandato dallo speaker del Giro e dalla trasmissione radiofonica “Giringiro”: “….ed ecco l’irriducibile, mai domo, Malabrocca!!!”. E la gente applaudiva con convinzione il possessore di quel nome sgangherato. Malabrocca però non fu solo e sempre ultimo. Fu campione italiano di ciclocross e “nazionale” ai mondiali di questa specialità. Vinse gare in Francia, Jugoslavia e Spagna. In Italia colse il suo successo più significativo nella Coppa Agostoni 1948.

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