giovedì 17 ottobre 2013

AMARCORD - La Comaneci al pianoforte

Duilio Fenara era un procuratore sportivo, svolgeva il suo lavoro soprattutto con i pugili ma frequentava ogni branca dell’attività sportiva. A metà degli anni 70, stanco di girare il mondo, aveva acquistato alla periferia di San Lazzaro di Savena una vecchia casa da contadini con annesso fienile. L’aveva scelto proprio bene, il posto dove riposarsi. Era un posto magico, situato in mezzo alla campagna bolognese, là dove gli ultimi contrafforti dell’Appennino tosco-emiliano si fondono con la pianura. Di fianco alla casa, un laghetto artificiale scavato fra pini, abeti e querce. Ci si arrivava percorrendo una strada sterrata che con un ponte scavalcava il torrente Zena e  che finiva lì. Era la pace assoluta. Anni dopo anche Gianni Morandi sarebbe andato a vivere da quelle parti, poche centinaia di metri distante dalla casa di Fenara. Comprandosi e ristrutturando un’antica ed enorme casa e, per stare tranquillo, anche la collina che la sovrastava. Detto per inciso, dietro quella collina, c'è la villa di Alberto Tomba. Ma prima di Morandi c’ero andato io, a un chilometro dallo “Chalet del Lago”: così Fenara aveva chiamato la sua casa dopo averla trasformata in locanda. Quella locanda era diventata in poco tempo il ritrovo di appassionati di sport, ti capitava ad esempio di incontrare Amaduzzi, il manager di Nino Benvenuti, o qualche giocatore del Bologna. Era un traffico continuo di vecchie e nuove glorie sportive. Anche perché poco distante c’era la trattoria di Romano, presidente del San Lazzaro Calcio, e dunque altro polo d’attrazione. Cominciai a frequentare la locanda di Fenara quando ancora non abitavo lì. Sua moglie faceva dei tortellini da fine del mondo e un risotto ai funghi da sballo: ci andavo con moglie e figlio piccolo quando sentivo il bisogno di una mezza giornata di completo relax. Un giorno del 1977 Duilio mi chiamò e mi disse che avrebbe ospitato nel suo Chalet la Nazionale di ginnastica della Romania, mi interessava? Mo sorbole se mi interessava! C’era la grande Nadia Comaneci, fresca dei trionfi delle Olimpiadi di Montreal dove aveva vinto 3 medaglie d’oro, una d’argento e una di bronzo. Miglior posto per stare in pace e lontana dai clamori della stampa non avrebbe potuto trovare. Passai un pomeriggio intero con la giovane Nadia (aveva 15 anni), le feci una lunghissima intervista esclusiva pubblicata il giorno dopo su “Stadio”, soprattutto la scoprii come bambina “libera”, per qualche ora spogliata della sua fama. Correva sul prato attorno al lago, suonava il pianoforte che era piazzato appena dopo l’entrata, rideva e scherzava con le compagne. Anni dopo Fenara se ne andò da lì, col figlio musicista aveva aperto una osteria da un’altra parte, in una via trafficatissima. Lo Chalet del Lago passò di mano in mano ma nessuno seppe attirare tanta gente come lui. E così chiuse. Quella vecchia casa da contadini è oggi un condominio, il laghetto è mezzo prosciugato e non ci si può avvicinare perché un enorme cancello di ferro ti sbarra il passaggio. Adesso, quando faccio la mia camminata quotidiana, mi fermo lì davanti e mi viene da pensare all’amico Duilio, ai tortellini di sua moglie, alle mani di Nadia sulla tastiera.

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