giovedì 3 ottobre 2013

STORIE DI BICI - Il Pirata

Quel giovedì mattina a Cavalese si respirava tensione. La radio annunciava che già da ore le strade di montagna erano percorse da fremiti inconsueti: si stava pian piano animando il popolo dei caravan appostati a cavallo dei fossi, torme di appassionati avevano cominciato ad arrampicarsi lungo la montagna con passo svelto per conquistare posizioni di privilegio nei tornanti, furgoncini snack-bar in piena attività fin dall’alba proponevano improbabili colazioni a base di salsicce, porchetta e pane. Si srotolavano striscioni, si piazzavano cartelli di incitamento per questo o per quello, sull’asfalto si disegnavano con vernice bianca gli ultimi ghirigori suggeriti da fantasia esaltata.
Non era un giorno qualsiasi, quel 4 giugno del 1998. Era il giorno dell’ “evento”: atteso con trepidazione, speranza e paura. Il giorno del duello finale, della sfida decisiva. Pantani, romagnolo sanguigno e matto la sua parte, in maglia rosa, contro Tonkov, l’enigmatico ex tenente dell’Armata Rossa, piazzato in classifica a soli 27” di distacco. Da non perdere di vista c’era anche lo svizzero Alex Zulle, pronosticatissimo vincitore finale alla vigilia e che adesso si trovava a soli 2’06”.
Era la terza tappa alpina consecutiva, la quart’ultima di un Giro che stava infiammando tutti gli appassionati di sport, non solo di ciclismo. A Selva di Valgardena Pantani aveva lasciato vincere il compagno di fuga Guerini dopo aver schiantato sulla Marmolada e sul Sella le velleità dell’elvetico e del russo. Lì aveva vestito la maglia rosa. E il popolo del ciclismo aveva riscoperto brividi troppo a lungo dimenticati, era letteralmente impazzito. Poi c’era stato l’arrivo all’Alpe di Pampeago, e qui Tonkov aveva resistito all’attacco forsennato di Pantani precedendolo sul traguardo. Adesso, questo arrivo a Plan di Montecampione, dopo 239 km, la tappa più lunga del Giro. Due giorni dopo ci sarebbe stata una crono che avrebbe favorito il russo. Dunque, oggi si sarebbe assistito all’ultimo disperato tentativo di Pantani di staccare l’avversario e guadagnare un margine rassicurante.

Sole sfavillante alle 9 di mattina, un cielo limpido promette lo sfondo più suggestivo per la favola che sta per andare in scena. Pantani e i suoi parlottano tranquillamente, i piani di battaglia li hanno già studiati la sera prima con Martinelli, il ds della Mercatone – Bianchi. Ma intanto Fausto, il massaggiatore figlio di Luciano Pezzi, va a controllare che faccia ha l’indecifrabile Tonkov. Tranquillo anche lui. In apparenza. Zulle invece ha la faccia stanca e forse rassegnata.
Si parte. Primi chilometri percorsi ad andatura normale, con i due campioni protetti dai rispettivi gregari: attorno al Pirata ci sono Conti, Velo, Forconi, Podenzana, Garzelli, Siboni, Konyshev; il russo invece è circondato da Bramati, Camenzind, Codol, Faresin, Lanfranchi, Missaglia, Spruch e dal vecchio Bugno. Nessuno degli altri azzarda mosse avventate, tutti sanno che la corsa la faranno quei due. Bettini, Rebellin e Simoni, giovani di sicuro talento, osservano per imparare. Solo lo svedese Axelsson osa andare avanti a reclamare un attimo di popolarità. Ma è un attimo.
Quando la strada comincia a salire i gialloblu della Mercatone Uno fanno l’andatura: è sostenuta, e lo scopo dello sforzo è quello di far crollare definitivamente Zulle e di mettere alla prova la resistenza di Tonkov. Il sole di giugno adesso si fa sentire, i volti dei corridori sono imperlati di sudore, la gente lungo le strade si esalta, rincorre i corridori, frastuono di clakson, auto del seguito costrette a pericolose ginkane. I primi si staccano, il gruppone si sfoltisce.
Via verso il Passo di Crocedomini, 30 interminabili chilometri di salita che portano a quota 1943 metri. A Cesenatico attorno al chiosco di piadine dei Pantani, Manola e Cristina devono tenere a bada quei pochi tifosi rimasti a casa: vogliono sapere le ultime notizie diffuse via telefono da mamma Tonina e papà Ferdinando che sono appostati sui tornanti del Montecampione. Passa da loro anche Zaccheroni, il mister, che poi andrà a vedere l’arrivo in tv con amici. Luciano Pezzi è a casa, a letto, soffre di cuore, e si fa raccontare minuto per minuto da Gimondi che è sull’ammiraglia della Bianchi quello che sta succedendo. In Belgio, Charly Gaul è attaccato alla tv, lì si vede Rai 3, e ascolta con trepidazione la voce di Adriano de Zan e Davide Cassani: tifa Pantani, dice che è il solo scalatore che gli somiglia e che oggi farà sfracelli. Non ne è così certo Prodi, il presidente del Consiglio, che ha pedalato con Pantani  e che di ora in ora si sta facendo ragguagliare sull’andamento della corsa.
Sulla montagna della Croce del Signore, Tonkov si abbassa la zip della maglietta e scopre una catena con un crocefisso d’oro che porta al collo: il russo cerca protezione in alto, sa che tra poco il Pirata partirà all’arrembaggio.
Il Pirata invece traccheggia. Sogghigna quando vede sfilarsi Zulle, quello che nella crono di Trieste di quattro giorni prima si è permesso di raggiungerlo e passarlo senza neanche voltarsi a guardarlo. Prova qualche scatto, Pantani, giusto per vedere la reazione del nemico da abbattere: quel dannato russo non si scompone, gli sta a ruota, implacabile. Ma è ancora presto…. Il sudore e il sole che adesso brilla a picco sui corridori, evidenziano la vena che percorre la tempia sinistra di Marco. Venti chilometri di discesa, venti di falsopiano. E i due sempre incollati in un gruppetto di ardimentosi sempre più scarno.
E’ a pomeriggio inoltrato che comincia il duello più vero, finora sono state schermaglie. Ecco, comincia la scalata al Montecampione, 20 km di ascesa con pendenza media del 9% e punte massime del 14%. Il dislivello da superare è di 1.500 metri, l’arrivo è a quota 1.750 e i corridori smetteranno di sputare l’anima nell’ampio parcheggio per gli sciatori, dopo la striscione finale.
A casa la gente si incolla al video, si saprà poi che sono in quattro  milioni e mezzo a spasimare. Lungo la salita ci sono centinaia di migliaia di appassionati, sempre più agitati quando vedono arrivare strombazzando le motostaffetta. Carmine Castellano, il direttore del Giro, dovrebbe essere imparziale ma guarda con occhio trepidante le mosse del Pirata: una sua vittoria di tappa o addirittura il successo finale darebbero maggiore prestigio alla sua corsa. Gli occupanti delle auto al seguito sono in allarme rosso: ascoltano in silenzio il gracchiare di radiocorsa, tra poco sarà bagarre, tutti lo sanno.
La salita comincia nell’abitato di Pian Camuno, la strada è tortuosa e la pendenza severa. Fino alla frazione di Solato è tutto un susseguirsi di curve e tornanti. Nessuno ha tempo e voglia di buttare l’occhio laggiù, dove brilla il lago d’Iseo che è la porta della Valcamonica. Tirano da matti Conti, Velo, Forconi, si danno la voce sul da farsi in romagnolo per non farsi capire da Tonkov e Zulle. Podenzana è davanti e fila come un treno senza risparmiarsi. Quando Pantani scatta, lui si mette in mezzo per rallentare Tonkov ma il russo riguadagna sempre la posizione.
Solato, Vissone, Montecampione Alpiaz: qui la strada lascia il lato ovest della montagna e si addentra nell’interno attraversando un paesaggio sempre più brullo. A Montecampione, dopo 11 km di salita si può tirare il fiato: per tre chilometri c’è leggera discesa e falsopiano, si attraversano brevi gallerie antifrana. 
Mancano solo 6.000 metri all’arrivo e Tonkov è sempre incollato alla ruota di Pantani. I tifosi invadono la strada urlando, inseguono i corridori, sono tutti per Pantani, alcuni lo rincorrono buttandogli borracce d’acqua sul collo… frastuono di clacson, urla di incitamento.
Adesso… adesso… adesso attaccherà… Si aspetta la stoccata da un momento all’altro. Molti ragazzi hanno sentito raccontare dai loro padri i brividi che gli regalavano i duelli fra Coppi e Bartali, ed ecco qui il nuovo eroe del ciclismo, quello che ti provoca emozione per il suo modo di correre, quello che è giovane come loro, ha l’orecchino d’oro ed è pelato come Ronaldo, e quando scatta pare un dio infuriato. Pantani! Pantani! Pantani guarda di sottecchi il suo rivale…. Non si stacca quel “pataca” di un russo! E dire che Podenzana sta dando l’anima al diavolo!
Cresce l’isteria di tutti. L’ammiraglia della Mercatone Uno si avvicina al Pirata. “Riprova!” gli suggerisce Martinelli. La risposta è un’occhiataccia, che vuol dire: Non ho mica le ali!
E’ a Prato Secondino, quando comincia una serie di tornanti, che Podenzana guarda il Pirata per suggerirgli: “Adesso”. Okay, adesso. Pantani si alza sui pedali, scarta il compagno, scatta come sa fare lui, parte e sembra che faccia uno sprint, eppure l’asfalto va su al 10 percento. Sono rimasti solo loro due, il Panta e Pavel. Gli altri, arresi e sfiancati…. Mollano e aspettano di sapere come andrà a finire. Anche Zulle, che è indietro, con mezz’ora di ritardo.
Tonkov ha gli occhi di ghiaccio, pare impietrito dalla fatica ma non molla un metro. Tira Pantani, che si volta, lo invita a passare avanti, lo guarda da sotto l’ascella per studiarne le reazioni e lo stato di salute. Comincia a sentire la stanchezza, il Panta, lo aiutano le urla della gente, i tifosi, i suoi pirati della costa adriatica arrivati fin qui, a tirarlo su a forza di batticuore… E’ delirio, è spettacolo puro, è il ciclismo d’altri tempio che torna. De Zan quasi piange al microfono, anche Cassani si lascia prendere dall’emozione, la sua voce è percorsa da brividi. Tornanti, dietro tornanti… Martinelli pensa che il suo campione non ce la fa a staccare il russo “Non ce la fa” , ripete angosciata mamma Tonina sull’ultimo tornante tenendo strette le nipotine Denis e Serena.
Ce la devo fare, ce la devo fare…. Pantani è in riserva, ormai ha solo più il cuore e una incredibile volontà. E’ a 2,8 km dall’arrivo che ci riprova con maggiore violenza… uno scatto di traverso sulla strada, una scrollata, la devastante potenza delle gambe che si sprigiona sui pedali, lui che si gasa con gesti scaramantici, butta via il cappellino, poi gli occhiali da sole, si toglie persino il brillantino che per capodanno si è conficcato sulla narice sinistra e lo getta fra gli alberi…chissenefrega del diamantino anche se era stato nonno Sotero a dirgli di metterselo, matto anche lui!

Scatta, strappa e si guarda sotto l’ascella. E vede Tonkov che perde metri. Prima dieci, poi venti. Sìììììììì, rimane dietro!!!! E’ schiantato! E allora il Pirata affonda il colpo, scatta ancora, parte a razzo, ogni curva è quasi una derapata. Le urla della gente rimbalzano da un  tornante all’altro, si capisce che Pantani sta facendo l’impresa…. Si abbracciano, lo rincorrono, gli urlano dietro, gli buttano acqua quasi fosse benzina per un motore ormai spento e tuttavia alimentato da un cuore grande così. E’ pazzia pura, è delirio, è nato un campione, di quelli veri, che ti fanno andare fuori di testa, mai vista una cosa così…. Strada transennata per gli ultimi metri. Tonkov è dietro, in trance agonistica, pedala come un automa, resiste, cercherà di contenere il distacco: quel romagnolo è più forte.
Quando Pantani arriva al traguardo, sprinta per guadagnare secondi preziosi, taglia la linea bianca digrignando i denti per cavare dall’anima l’ultima goccia d’orgoglio. E poi chiude gli occhi, alza la testa, allarga le braccia. Sembra un cristo che ha scalato il Golgota, ha finito il suo calvario.
Tonkov arriva 57” dopo, adesso in classifica è staccato di 1’28”: basteranno al Pirata per superare indenne la crono di Mendrisio di 34 km e vincere il Giro?
Aspettando la soluzione di questo appassionante quiz, i compagni di squadra del Panta promettono che alla fine si raperanno tutti a zero, come lui. E i giornalisti esaltati più del pubblico si lasceranno prendere la mano da una terminologia desueta: è rinato un campione, leggendario, mitico, eroico. Non succedeva da decenni.

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