Lo sport che mi affascina di più è ed è sempre stato il ciclismo. E' il solo - con la maratona - che va in mezzo alla gente: e assieme al fruscio delle ruote cogli le grida di richiamo degli atleti, il loro sforzo, divenendo così partecipe della loro fatica. Questa passione me la trasmise mio padre quando mi portò per la prima volta a vedere una gara di ciclisti. Era il primo dopoguerra, i campioni correvano nell'anello dei Giardini Margherita di Bologna (foto in alto). C'erano anche Coppi e Bartali, ricordo ancora che vinse Drei. Dopo - essendo lui divenuto socio di non so quale Velo Club - mi portò con sé a seguire altre corse, in macchina. E fu un'emozione incredibile. Ne ricordo una, di dilettanti, in cui Pambianco battè Venturelli. Immagini e sensazioni che mi rimasero dentro inducendomi poi, da grande, ad approfondire tutti gli aspetti di questo sport.
Vidi l'arrivo del Giro dell'Emilia 1952, sui viali di circonvallazione dei Bologna. E fu spettacolare. Coppi, Bartali e Minardi: in tre a disputarsi in volata la vittoria. Fu esaltante vedere da pochi passi di distanza il loro studiarsi, gli scatti, i rallentamenti, poi lo sprint furibondo a poche decine di metri dal traguardo. Vinse Bartali davanti a "Pipaza" Minardi e a Coppi. E poi ricordo la corsa più straordinaria mai vista: la cronotappa in salita del Giro 1956 da Bologna al Colle della Guardia. Il Colle della Guardia è comunemente chiamata dai bolognesi San Luca, perché lassù a 274 metri di altitudine c'è il Santuario della Madonna di San Luca. Sono solo 2,4 km di salita ma con una pendenza media del 10,8% e massima del 18%. La "Curva delle Orfanelle" - cosiddetta perché lì c'era un istituto di accoglienza dei piccoli orfani - è il tratto più terribile: c'è una curva a gomito al termine della quale la strada si impenna verso il cielo. La salita di San Luca è ideale per assistere ad una corsa: la strada è seguita da un lunghissimo portico spettacolare (dichiarato patrimonio dell'Unesco) che inizia da Porta Saragozza e che da un punto detto Meloncello porta fino alla basilica. E' il portico più lungo di Bologna (3,796 km), ha 666 arcate, fu costruito fra il 1674 e il 1721 col contributo di tutti i cittadini. In tempo di guerra le varie arcate del portico erano divenute il rifugio di chi si era visto bombardare la casa, ciascuna separata dalle altre da tendoni appesi al muro.
Quel giorno, 2 giugno del 1956, il portico e anche parte della strada erano invasi da migliaia di persone. Vinse Charly Gaul alle media dei 21 km/h, secondo fu Federico Bahamontes a 3". Ma colui che impressionò maggiormente i tifosi accorsi lungo le rampe della salita fu Fiorenzo Magni. Era caduto una settimana prima, si era fratturato una spalla. Per sopportare l'enorme sforzo della salita un suo meccanico aveva escogitato una soluzione geniale. Aveva legato un pezzo di pneumatico al manubrio della bici, Magni ne teneva fra i denti un capo e con quello si tirava su. Fu una scarica di emozione vederlo passare a pochi metri, ansimante, sudato, la bava alla bocca, la testa sollevata per tendere al massimo quello strano supporto. Arrivò fino in cima, non ricordo come si piazzò all'arrivo, ma certo fu il vincitore morale della tappa.
Furono queste emozioni a indurmi a sondare la storia del ciclismo, a scovare imprese e personaggi incredibili e a frequentare poi musei e manifestazioni. E' incredibile vedere quanti musei del ciclismo ci siano sparsi qua e là. Ciascuno geloso dei propri "pezzi". Mi piace ricordare il Museo dei Campionissimi di Novi Ligure e il Museo del Ciclismo della Madonna del Ghisallo. Poi ci sono il museo di Cimurri, quello intitolato a Bevilacqua a Cesiomaggiore, quelli dell'Alto Livenza a Portobuffolè in Veneto e di Ponte a Ema in Toscana dedicato a Bartali. Mi piace ricordare il museo personale di Renato Bulfon che a Mortegliano, il paese di Pascutti, in Friuli, ha un negozio dove vende biciclette (e davanti ha un biciclo gigantesco) ma dove soprattutto conserva "pezzi" di straordinario valore: maglie gialle e rosa firmate, giornali, fotografie, biciclette di campioni.
Per gli appassionati come me è imperdibile l'immergersi nell'ambiente dell' Eroica", una manifestazione inventata a Gaiole in Chianti da Giancarlo Brocci, per esaltare il ciclismo "di una volta": si corre su strade sterrate, con bici e abbigliamento rigorosamente d'epoca, tubolari a tracolla, borracce davanti al manubrio, sacca degli attrezzi dietro la sella. Non c'è ordine d'arrivo, la soddisfazione non è la vittoria ma la partecipazione. Oggi arrivano da tutto il mondo, a buttarsi nell'avventura sono anche in 5.000. Vi hanno partecipato anche ciclisti veri in disarmo. Una volta vidi Gianni Motta, aveva forato, in mezzo alla strada con la ruota in mano chiedeva assistenza alla gente come un gregario qualsiasi. A contorno, conferenze sui libri di ciclismo, bancarelle, mostre, esposizioni. Una festa del cilismo puro e antico.
Nessun commento:
Posta un commento