Se ti guardi in giro ti viene subito da pensare
che stiamo allevando generazioni di bambini felicissimi, appagati e sempre
sorridenti. Nei supermercati ci sono enormi reparti colmi di giocattoli di ogni
tipo, dalle bambole agghindate come fotomodelle alle automobiline a motore,
dagli eroi dei cartoni animati ai pupazzi di plastica e ai pelouches. Le stesse
cose le vedi nelle cartolerie e nei negozi specializzati. E poi ci sono i
parchi-giochi, contenitori di divertimenti assortiti: da Mirabilandia a
Gardaland e a Fiabilandia, dalla stupefacente Legoland in Germania alla
mirabolante Disneyland di Parigi.
Viviamo in un’epoca di esagerazioni, e queste
toccano anche il mondo dei bambini. Inutile poi venire a dire: si stanca subito di un gioco… E’ ovvio,
quando la scelta è sterminata succede così: subentra la noia, in attesa della
prossima novità. Mi viene spontaneo pensare alle poche cose di
cui un tempo disponevano i bambini per divertirsi e passarsi il tempo.
All’aperto c’erano i giochi con le palline nelle piste scavate nella terra o
nella sabbia, le gare di tappi di latta su una pista disegnata sui marciapiedi col
gesso, rubabandiera, nascondino. In casa c’erano gli eterni “giochi da tavolo”,
dal Monopoli (inventato dagli americani nel 1935) ai Puzzle (risalgono al
1760), dal Gioco dell’Oca (1560, origine italiana), alle costruzioni con
pezzetti di legno poi trasformati da un danese nel 1949 nei cosiddetti Lego. Le
bambine giocavano con le bambole di pannolenci (la ditta torinese Lenci le
produsse dal 1919), i maschietti con le automobiline di latta.
Personalmente
ricordo che da piccolo mi fabbricavo delle macchinine con la terra-creta, la
terracotta insomma: con le mani plasmavo un rettangolo, con un temperino
intagliavo cofano e sportelli poi aggiungevo le quattro ruotine che ovviamente
non giravano; quando ne avevo voglia, e se in casa trovavo della vernice, le
lasciavo seccare e poi le coloravo. Erano piccoli gioielli. Bè, era una bella
sensazione davvero crearsi qualcosa da solo! Il mondo è andato avanti e com’è
giusto che sia molte cose del passato sono scomparse, compresi giochi e
giocattoli. Ma assieme ad essi sono scomparsi anche la fantasia e la
creatività.
Adesso è tutto già fatto, suggestivo certo, ma magari
pauroso. La soddisfazione del possesso di un gioco dura lo spazio di un
sorriso, quando è possibile farlo. Perché oggi in commercio ci sono anche giochi
da paura o che comunque non lasciano tracce di serenità: accanto ai giocattoli
“educativi” ci sono mostri, alieni, vampiri, robot, guerrieri attrezzati apposta per
combattere e distruggere; i Gormiti vengono esaltati per la loro “forza
devastante”, per esempio; c’è un tale Lord Magor definito come “il male più
oscuro”. Mi piacerebbe sapere cosa passa per la mente di coloro che si
inventano orrori del genere. Dicono che anche questi sono educativi, per
aiutare i bambini ad esorcizzare le loro paure. Roba da psicanalisti. Psicanalisti
– dico - per coloro che inventano questo tipo di giocattoli. Forse qualche
ragazzino alle prese con facce feroci o fiamme sputate si divertirebbe di più
se talvolta provasse il Gioco dell’Oca o il Monopoli.
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