La tv è una trappola micidiale. Come il fumo o
l’alcol. Assunta con moderazione può anche farti bene, in dosi massicce ti crea
danni. A lungo dà assuefazione, e questo è il male peggiore. Ultimamente, da
pensionato, combatto contro la tentazione di abbandonarmi sul divano. Mi
piacciono i documentari e le inchieste giornalistiche, ma cerco di stare davanti
a quello schermo il meno possibile. Perché uccide la fantasia, sopprime la
possibilità di colloquio, toglie la voglia di muoversi. Ha affossato il cinema
e il teatro, ha stangato i giornali che già erano poco letti. Ha incrementato
la vendita di occhiali e di apparecchi acustici. I genitori le hanno delegato
il compito di educare i figli o ne hanno fatto uno strumento per non essere
disturbati. La tv pare avere ipnotizzato la maggior parte di noi e condizionato
i nostri comportamenti. Uno arriva a casa stanco dal lavoro e la prima cosa che
fa è accenderla o sedersi davanti alla tv già in funzione. Si mangia guardando
la tv. La sera, magari si va a letto col televisore acceso per addormentarsi
prima. La tv è carogna, ti può catturare senza più darti possibilità di scampo,
siamo schiavi del telecomando, facciamo zapping con assiduità maniacale fra i
vari canali che adesso sono anche “tematici”. Puoi scegliere tra filmini
polizieschi, telenovele, avvenimenti sportivi, cartoni animati, chiacchiere di ogni genere,
programmi di cucina fatti anche da chi non sa cucinare, donne seminude ad ogni
angolo, televendite, trasmissioni con pacchi o risposte da indovinare. Una
volta – dal 1957 al 1977 - c’era “Carosello”, adesso la pubblicità ci viene
elargita con perversa frequenza.: esiste la pubblicità interrotta di tanto in tanto dai programmi.
Ormai la tv ha stroncato anche se stessa: è
senza fantasia. Da anni non c’è niente che possa essere paragonato a “Lascia o
Raddoppia” di Mike (1955), al "Processo alla tappa" di Sergio Zavoli (1962-1969), a “Portobello” di Tortora (1977), al “Costanzo Show”
di Maurizio Costanzo (1982) o a “Quelli della notte” (1985) del geniale Renzo Arbore. Di oggi, salvo "Striscia la notizia" in onda dal 1988 e "le Iene" dal 1997: due programmi apparentemente leggeri ma che a loro modo fanno giornalismo d'inchiesta. Siamo partiti
nel 1954 con un solo canale e qualche ora di programmi giornalieri, adesso i
canali sono centinaia e funzionano 24 ore su 24. Ci sono mille programmi di cucina, altrettanti talk show: roba che assimiliamo impotenti a reagire. Credo che la storia
dell’umanità andrebbe divisa a seconda delle invenzioni che ci hanno cambiato
la vita. Prima e dopo le auto, prima e dopo gli aerei, prima e dopo la
televisione, prima e dopo internet. Io ho vissuto la mia adolescenza quando ancora
non c’era la televisione. Ricordo che giocavamo di più, parlavamo di più,
leggevamo di più, eravamo più attivi e fantasiosi. Poi a stupirci arrivò la tv,
novità sensazionale e stravolgente. Una svolta epocale. Si andava in casa dei
vicini più agiati a vedere “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno. I bar si
erano attrezzati con file di sedie per la gente che a sera scendeva a farsi incantare
davanti allo schermo; sotto il televisore c’era bene in vista un grande
cartello: “consumazione obbligatoria”. Possedere un proprio televisore era la
maggiore ambizione di ogni famiglia. Oggi in ogni casa ce ne sono anche 3 o 4,
apparecchi piatti e non più gli scatoloni di una volta, schermi sempre più
giganteschi. “L’ha detto la tv!”, affermiamo con convinzione: come se da
quell’affare uscissero solo verità consacrate. Apparire in tv, anche per caso, equivale a un salto di qualità
nella considerazione degli altri: “Ti ho
visto in tv!!!!”, si dice con un sorriso fra l’invidia e il compiacimento.
Come se l’”apparizione avesse qualcosa di miracoloso. E invece l'esito può essere drammatico: il "disturbatore pubblico" Gabriele Paolini - figlio 40enne di un generale dell'esercito e di una cantante lirica - è diventato a suo modo famoso per essersi intrufolato nelle inquadrature di servizi esternando insulti e idiozie, tanto che molti giovani o minorenni ne sono divenuti ammiratori. Al punto di sottomettersi alle sue voglie isane. Il tragico di questa cosa è che parecchi programmi tv ne hanno fatto un protagonista, chiamandolo in studio: una cosa aberrante che la dice lunga su cosa sia diventata la cosiddetta informazione. Solo un giornalista, nel 1998, ebbe il coraggio di prenderlo a calci: Paolo Fraiese. Gli altri l'hanno subìto e nessuno si è preso il disturbo di internarlo in un ospedale psichiatrico come sarebbe stato giusto. Adesso è internato, in carcere. Per induzione alla prostituzione minorile.
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