L’Italia ha vinto la
Coppa Davis di tennis una sola volta, nel 1976. Nella finale contro il Cile,
nel doppio, Panatta e Bertolucci scesero in campo vestendo una polo rossa.
Perché?
Quell’episodio
è stato il pretesto per un film del regista Mimmo Calopresti girato nel 2009 e
intitolato “La maglietta rossa”. Che cosa c’era di tanto rilevante dietro il
colore di quella maglietta indossata da due “azzurri”? C’era un fatto
politico-sportivo che anche qui vale la pena ricordare. Fine
1976, il tennis italiano vive un momento d’oro: la Nazionale composta da assi
del calibro di Panata, Barazzutti, Bertolucci e Zugarelli e capitanata da
Nicola Pietrangeli ha raggiunto la finale di Coppa Davis dopo aver eliminato
Polonia, Jugoslavia, Svezia, Inghilterra e Australia. Avversario designato il
Cile che ha una formazione qualitativamente inferiore alla nostra. Una storica
vittoria nel più prestigioso torneo di tennis è a portata di mano. Ma c’è un ostacolo.
Lo scontro decisivo è a Santiago, capitale di un paese in cui Augusto Pinochet
ha appena instaurato una sanguinosa dittatura. L’evento
sportivo a questo punto diventa evento politico. Andare o non andare? Il
governo Andreotti tentenna, Coni e Federtennis sono su posizione attendiste, la
sinistra è decisamente contraria alla trasferta: bisogna boicottare la
manifestazione per mostrare il proprio dissenso con quella dittatura. A
sbloccare la situazione arrivò inaspettatamente il parere di Enrico Berlinguer,
segretario del partito comunista: non era giusto che un così prestigioso trofeo
sportivo finisse nelle mani di una dittatura, dunque si doveva andare: una
vittoria dell’Italia sarebbe stato uno smacco terribile per Pinochet. Questo
autorevole pensiero di Berlinguer convinse il governo a lasciar decidere il
Coni, il Coni lasciò la parola definita alla Federazione. E la squadra partì
per Santiago. Non ci sarebbe stata la Tv, il direttore del TG Andrea Barbato,
aveva proibito l’invio di una troupe; ci sarebbe stata solo la radio (con
commenti di Mario Giobbe e Lea Pericoli). Era metà dicembre. Gli azzurri erano
protetti da un imponente schieramento di forze dell’ordine.
L’inizio degli incontri fu facile: Barazzutti battè Fillol e Panatta ebbe la meglio su Cornejo. Il doppio era decisivo: vincerlo avrebbe significato per l’Italia conquistare una Coppa Davis sempre e solo sognata. Fu a questo punto che Panatta ebbe l’idea della maglietta rossa. Rosso era il colore del comunismo, della sinistra. Panatta, fino ad allora contestato dalle sinistre perché non si era rifiutato di andare in Cile, decise di fare uno sberleffo alla dittatura. Convinse (“Fatemi fare questa provocazione”, disse) Pietrangeli, i dirigenti e il compagno di doppio Bertolucci che quel giorno dovevano giocare con una maglietta rossa sopra i calzoncini bianchi. Così fu. Batterono in quattro set Fillol e Cornejo e la Davis andò all’Italia. Le autorità cilene protestarono col governo italiano tramite l’ambasciata ma tutto finì lì: non era il caso di dare altra pubblicità ad una sconfitta condita per di più con uno sberleffo.
L’inizio degli incontri fu facile: Barazzutti battè Fillol e Panatta ebbe la meglio su Cornejo. Il doppio era decisivo: vincerlo avrebbe significato per l’Italia conquistare una Coppa Davis sempre e solo sognata. Fu a questo punto che Panatta ebbe l’idea della maglietta rossa. Rosso era il colore del comunismo, della sinistra. Panatta, fino ad allora contestato dalle sinistre perché non si era rifiutato di andare in Cile, decise di fare uno sberleffo alla dittatura. Convinse (“Fatemi fare questa provocazione”, disse) Pietrangeli, i dirigenti e il compagno di doppio Bertolucci che quel giorno dovevano giocare con una maglietta rossa sopra i calzoncini bianchi. Così fu. Batterono in quattro set Fillol e Cornejo e la Davis andò all’Italia. Le autorità cilene protestarono col governo italiano tramite l’ambasciata ma tutto finì lì: non era il caso di dare altra pubblicità ad una sconfitta condita per di più con uno sberleffo.
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