Negli sport individuali é senz’altro utile caratterizzare
l’atleta con un numero: lo rendono necessario quantomeno motivi organizzativi.
Ma perché i numeri per i singoli atleti anche negli sport di squadra come il
calcio?
Il calcio moderno é nato ufficialmente nel 1863 ma per quasi
60 anni i giocatori non hanno avuto numeri sulle maglie. Soltanto verso la fine
degli Anni 20 si cominciò ad adottarli in Inghilterra: dall’1 all’11 per la
squadra di casa e dal 12 al 22 per quella ospite. La numerazione fu resa
obbligatoria nel 1939, dall’1 all’11 per ogni squadra. Una curiosità: Pietro
Magni (Varese, Liguria, Juventus, Lucchese e Genoa) negli Anni 40 ha indossato
tutti i numeri di maglia, dall’1 all’11, finendo per questo nel Guinness dei
primati. Quando si cominciarono ad ammettere le sostituzioni, si videro in
campo anche il 12 (secondo portiere), e il 13, 14, 15, 16. Si videro numeri più
alti quando, in occasione dei Campionati del Mondo, fin dall’edizione del 1950,
la Fifa decise che ogni Nazionale poteva iscrivere 22 giocatori alla
manifestazione, assegnando a ciascuno un numero fisso. E’ rimasto famoso il
numero 20 di Paolo Rossi, protagonista della vittoria dell’Italia nel Mondiale
1982. La numerazione delle maglie, nata per
facilitare all’arbitro l’individuazione di un giocatore, alla lunga aveva
finito per caratterizzare un ruolo. Numero 1 era il portiere, 2 e 3 i terzini,
4-5-6 altri difensori, 8 e 10 gli interni di centrocampo, 7 e 11 gli esterni, 9
il tipico centravanti. Oggi questa sequenza logica di numeri é stata stravolta
da strategie di gioco che prevedono nuove “figure” di calciatori: il terzino
fluidificante, i difensori centrali, il centrocampista difensivo e quello
offensivo, la punta esterna e quella centrale. L’Inghilterra, seguendo
l’esempio del basket o dell’hockey ghiaccio, nel 1993 decise di assegnare ad
ogni giocatore un numero fisso - teoricamente da 1 a 90 - e la moda é ormai
dilagata. Non fa più sensazione trovare un portiere col 36 sulle spalle o un
difensore col 13 anche se quasi sempre il 10 caratterizza il miglior talento
della squadra e il 9 il grande attaccante.
In molti casi è la società che attribuisce i numeri ai propri giocatori ma sempre più spesso sono i giocatori che li scelgono. Roberto Baggio, per esempio, nel Milan chiese il numero 18 perché era il giorno della sua nascita. Nel 2009 il francese della Roma Jeremy Menez ha voluto il 94 perchè questo era il numero del quartiere della città natale, Longjumeau, in cui era cresciuto. Anomalo e venialmente illegale il numero scelto nel 1998-99 dal calciatore Ivan Zamorano dell’Inter. Affezionato al numero 9, il giocatore cileno in quella stagione dovette cederlo per ragioni di sponsor al celeberrimo Ronaldo (che con la Nike aveva lanciato una linea di prodotti col marchio R9, costruito sulla iniziale del nome e sul numero della maglia della Nazionale brasiliana che indossava): pur di non rinunciarvi Zamorano chiese – ed ottenne – di apporre sulle sue spalle il numero 18 caratterizzato però da un segno aggiuntivo: 1+8.
L’iniziale tendenza a contenere i numeri entro il 90 da qualche tempo è stata infranta: moltissimi calciatori scelgono il 99. Nella stagione 2009-2010 lo indossavano fra gli altri Cassano nella Sampdoria, Giannetti del Siena, Lucarelli del Livorno. Dalla fine degli anni 90 molte squadre hanno poi “ritirato” un determinato numero, in segno di riconoscenza e di rispetto verso chi lo aveva indossato con onore. Una tendenza questa presa in prestito dallo sport americano, segnatamente baseball e basket: gli Yankees di New York a suo tempo ritirarono il 3 di Babe Ruth e i Boston Celtic il 33 di Larry Bird quando i due campioni chiusero la carriera. In Italia il primo club a “ritirare” un numero di maglia è stato il Milan che alla fine della stagione 1996-97 ha tolto il 6, da sempre appartenuto al suo leggendario capitano Franco Baresi quando questi appese le scarpe al chiodo. Il Brescia non ha più il numero 10: resterà per sempre di Roberto Baggio. Così come nessuna maglia del Cagliari avrà il numero 11: è del mitico Gigi Riva. In questo caso il provvedimento fu tardivo: fu assunto solo nel 2005. Il Chelsea dal 2003 non assegna più il 25, numero indossato dal nostro Gianfranco Zola. Ultimamente si è fatta strada una nuova tendenza, quella di non assegnare il numero 12: quel numero è destinato ad un campo, ad una gradinata, ad un pubblico fedele tanto da essere definito “il dodicesimo uomo in campo”. Cominciò il Flamenco, che assegnò idealmente il 12 al leggendario stadio del Maracanà; in seguito il club brasiliano fu imitato da Atalanta, Genoa, Lazio, Cesena, Lecce, Palermo, Torino.
In molti casi è la società che attribuisce i numeri ai propri giocatori ma sempre più spesso sono i giocatori che li scelgono. Roberto Baggio, per esempio, nel Milan chiese il numero 18 perché era il giorno della sua nascita. Nel 2009 il francese della Roma Jeremy Menez ha voluto il 94 perchè questo era il numero del quartiere della città natale, Longjumeau, in cui era cresciuto. Anomalo e venialmente illegale il numero scelto nel 1998-99 dal calciatore Ivan Zamorano dell’Inter. Affezionato al numero 9, il giocatore cileno in quella stagione dovette cederlo per ragioni di sponsor al celeberrimo Ronaldo (che con la Nike aveva lanciato una linea di prodotti col marchio R9, costruito sulla iniziale del nome e sul numero della maglia della Nazionale brasiliana che indossava): pur di non rinunciarvi Zamorano chiese – ed ottenne – di apporre sulle sue spalle il numero 18 caratterizzato però da un segno aggiuntivo: 1+8.
L’iniziale tendenza a contenere i numeri entro il 90 da qualche tempo è stata infranta: moltissimi calciatori scelgono il 99. Nella stagione 2009-2010 lo indossavano fra gli altri Cassano nella Sampdoria, Giannetti del Siena, Lucarelli del Livorno. Dalla fine degli anni 90 molte squadre hanno poi “ritirato” un determinato numero, in segno di riconoscenza e di rispetto verso chi lo aveva indossato con onore. Una tendenza questa presa in prestito dallo sport americano, segnatamente baseball e basket: gli Yankees di New York a suo tempo ritirarono il 3 di Babe Ruth e i Boston Celtic il 33 di Larry Bird quando i due campioni chiusero la carriera. In Italia il primo club a “ritirare” un numero di maglia è stato il Milan che alla fine della stagione 1996-97 ha tolto il 6, da sempre appartenuto al suo leggendario capitano Franco Baresi quando questi appese le scarpe al chiodo. Il Brescia non ha più il numero 10: resterà per sempre di Roberto Baggio. Così come nessuna maglia del Cagliari avrà il numero 11: è del mitico Gigi Riva. In questo caso il provvedimento fu tardivo: fu assunto solo nel 2005. Il Chelsea dal 2003 non assegna più il 25, numero indossato dal nostro Gianfranco Zola. Ultimamente si è fatta strada una nuova tendenza, quella di non assegnare il numero 12: quel numero è destinato ad un campo, ad una gradinata, ad un pubblico fedele tanto da essere definito “il dodicesimo uomo in campo”. Cominciò il Flamenco, che assegnò idealmente il 12 al leggendario stadio del Maracanà; in seguito il club brasiliano fu imitato da Atalanta, Genoa, Lazio, Cesena, Lecce, Palermo, Torino.
Il calcio è lo sport più interessante del mondo: le maglie sono portatrici di passione e speranza per molte persone.
RispondiEliminase quando la indossi ti senti più forte,
è perché la tua forza è il guerriero al tuo fianco.