I giornali mi hanno appassionato ben prima di diventare giornalista: anzi, forse proprio per questo mio interesse ho scelto questa professione. Avevo 13 anni e facevo il giornalino della parrocchia: testi e disegni tutto da solo, su un foglio di carta formato lenzuolo. Due di questi li ho ancora appesi alle pareti del mio studio. Dopo, essendomi avvicinato allo sport, divoravo "Il calcio e il ciclismo illustrato", "Lo sport illustrato", il "Guerin Sportivo" e intanto leggevo la "Domenica del Corriere" che compravano i miei. Argomenti interessanti, fotografie bellissime. Giornali straordinari che sfogliavo con religiosa prudenza.
Dopo, la mia passione si è acuita portandomi a setacciare le bancarelle dei mercatini in cerca di rarità. Ho due annate della "Vie au grand air" (1903 e 1904), francese: le comprai per leggere le cronache dei primi Tour de France e scriverci un libro. Ho sette annate della "Domenica del Corriere" (la più vecchia è del 1914), 4 de "La Tribuna illustrata" e 1 de "La stampa sportiva". Ho copie singole di grande valore storico: la "Domenica del Corriere" che celebra la drammatica maratona di Dorando Pietri nel 1908 illustrata dall'insuperabile Achille Beltrame, il primo incontro Mussolini-Hitler; ho rilegato tutto ciò che è stato scritto sulle varie elezioni dei Papi o l'11 settembre. Ho comprato annate dei più diversi giornali: il "Candido" di Guareschi, il "Don Basilio", e libri che attraverso le prime pagine raccontavano la vita di testate storiche: da l'Equipe al Resto del Carlino, dal New York Times a "La Tradotta", giornale della terza armata che Mondadori pubblicò nel 1933 la prima volta e poi rieditò nel 1965.
Ho sempre pensato che non si può capire il presente né intuire il futuro se non si conosce il passato. E il passato lo si conosce attraverso i giornali d'epoca. Ma pare che a noi italiani la cosa non interessi più di tanto. Secondo un'indagine dell'"Economist" in quanto a numero di lettori di quotidiani noi siamo al 29° posto nel mondo e al 22° in Europa. Leggiamo meno dei bulgari e degli sloveni, poco più dei malesi. E' sconfortante. Conservo copie del "Resto del Carlino" o del "Corriere della Sera" di fine Ottocento e del primo Novecento che spiegano bene la politica di allora, la nascita delle guerre, l'evoluzione dei costumi e della società. Nessun testo scolastico può farti conoscere certi eventi meglio di un vecchio giornale. Leggo con raccapriccio che "la carta" è destinata a sparire, divorata da internet: non ci credo ma quel giorno - se mai verrà - andrà persa la memoria del passato e con essa la speranza di un futuro sensato.
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