“Dare il cinque”
significa schiaffeggiare col palmo della mano aperta (cinque dita, appunto) il
palmo della mano di un compagno che ha relizzato una bella impresa: un gol, un
canestro, una parata. E’ un modo di esternare felicità, solidarietà, partecipazione.
Il gesto, dal mondo degli atleti si é esteso anche a quello dei dirigenti e
successivamente all’universo giovanile. Lo espresse per la prima volta, nel 1977,
Glenn Burke, della squadra di baseball dei Los Angeles Dodgers, nei riguardi di
Dutsy Baker, autore del 37. fuoricampo stagionale dei Dodgers. Per la
precisione - spiegò Burke - quello fu un “high five”, un “cinque alto”: cioé
uno schiaffo sul palmo dell’altra mano, alzata. Questo gesto, con
infinite varianti (cinque basso, a due mani, ecc.) da tempo faceva parte dei
saluti rituali introdotti in California da immigrati centroamericani. Burke
(scomparso nel 1994) ebbe “il merito” di introdurlo per primo nel mondo dello
sport. Da
allora il “cinque” - veicolato dalla televisione - si é diffuso rapidamente in
tutto il mondo, tanto che fra i giovani di molti Paesi oggi é divenuto un modo
convenzionale di salutarsi in sostituzione della “antiquata” stretta di mano.
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