Fin da piccolo mia madre mi ha abituato a leggere. Andavamo in un negozietto di libri usati perché non c’erano soldi per i nuovi e lì prendevo di tutto, affascinato dalle copertine o dai contenuti: dai misteri di Arsenio Lupin scritti dal giornalista sportivo francese Maurice Leblanc e Sherlock Holmes di Conan Doyle alle avventure di Gulliver e Robinson Crusoe, dalle fantasie di Emilio Salgari e Luigi Motta (ingiustamente dimenticato) a quelle di Jules Verne, da Gargantua e Pantagruele a Bertoldo Bertoldino e Cacasenno. Ho divorato i libri di Jack London, Joseph Conrad e Oliver Curwood che mi tenevano allenata la fantasia, dopo mi sono appassionato a Tolstoi e Cechov, poi Steinbeck è diventato il mio preferito per il suo scrivere semplice ed efficace. Mi hanno affascinato Luis Sepulveda con la sua "gabbianella" e Ken Follett con "I pilastri della terra": tutti e due hanno undici anni meno di me, accidenti a loro!
Li conservo ancora tutti e ogni tanto li guardo, li sfoglio con nostalgia. E' stato con questi libri che ho avuto l'impulso di cominciare a scrivere anch'io. Ed è stato con loro che ho allargato gli orizzonti della mia mente. Divenuto adulto mi sono dato alla ricerca di altri libri, a seconda degli interessi man mano coltivati ma soprattutto affascinato dalla loro data di pubblicazione. Il mio vanto è una storia di Bologna del 1796 regalatami dalla badante di un notaio che alla morte era senza eredi; poi il “Paradiso Perduto” di Milton del 1911 con illustrazioni del Dorè, trovato fra le cose di mio padre che faceva il camionista e chissà perchè l’aveva in casa; ho un “Decamerone” del 1913, il preziosissimo “La Metà del Mondo vista da un’Automobile” scritto da Luigi Barzini nel 1910: è l’edizione originale e descrive l’incredibile viaggio Pechino-Parigi corso dal giornalista a dal principe Scipione Borghese, vinto dalla nostra "Itala". E ho "Il Giuoco del Calcio", manuale scritto nel 1930 per Corticelli Editore di Milano da Arpad Veisz e Aldo Molinari con prefazione di Vottorio Pozzo: chi se ne intende capisce la preziosità di questo volumetto.
Nella mia biblioteca oggi ho 1.115 libri di tutti i generi, dalle poesie di Trilussa e Neruda al saggio sulla cocaina di Kafka o al “Piloti che gente” di Enzo Ferrari e ho tutto ciò che ha scritto Oriana Fallaci: sono tutti fonte di conoscenza, cultura, istruzione, riflessioni. Ho il “Nuovissimo dizionario universale” del Melzi: è datato 1901 e fu un libro che aprì gli orizzonti a molti: nel 1910 vendeva 320.000 copie. E’ interessante scorrerlo, trovi parole ormai desuete, ti rendi conto dell’evoluzione della nostra lingua. Ed è bello toccare questi libri, sfogliarli, magari piegare l’angolo superiore di una pagina per ricordarsi da dove riprendere a leggere. Non capisco perché l’Italia, che ha una tradizione culturale impressionante (scrittura, pittura, scultura, musica) oggi sia uno degli ultimi consumatori di libri: forse è per questo che siamo un popolo di abissale ignoranza. Una recente indagine dell’Associazione Italiana Editori dice che da noi i lettori – anche occasionali – di libri sono il 53% della popolazione con più di 14 anni di età: in Francia sono il 62%, in Spagna il 68%, in Germania il 72% e in Gran Bretagna il 75%.... Mi fa malinconia frequentare certe case dove non c’è una biblioteca ma magari solo qualche libro di ricette.
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