Perché la Ferrari ha sempre privilegiato piloti stranieri
piuttosto che gli italiani?
Nella stagione 2009 di Formula 1 ben due italiani sono
saliti sulla monoposto Ferrari: Luca Badoer e Giancarlo Fisichella. Il primo
era da anni collaudatore della Casa di Maranello, il secondo era stato lasciato
libero per l’occasione dal suo team, la Force India. Entrambi, prima l’uno poi
l’altro, hanno sostituito a metà stagione l’infortunato Felipe Massa. Ma è stata un’eccezione: sui bolidi rossi modenesi sono
quasi sempre saliti piloti stranieri. Ciò scaturisce da diverse motivazioni:
una obiettiva sfiducia di Ferrari nei riguardi dei talenti di casa nostra, la
scelta politica di non “allevare” piloti italiani e soprattutto una sofferta
decisione dello stesso Enzo Ferrari. Quando
nel Gran Premio di Monaco del 1967 morì tragicamente il popolarissimo pilota
romagnolo Lorenzo Bandini al volante della 312 e in forza alla Casa modenese
dal 1962, il “Drake” fortemente scosso dall’evento fece una promessa solenne:
“Mai più piloti italiani sulle mie macchine”. Non fu così, ma gli italiani che in seguito salirono su una
Ferrari sono da considerarsi eccezioni. Così come del resto quelli che aveva
preceduto la morte di Bandini. C’era stato Alberto Ascari, che nel 1952 e 1953
sulla “rossa” aveva conquistato due titoli mondiali. Poi Giancarlo Baghetti, in
tre corse della stagione 1961: nella prima, al suo debutto in F.1, vinse il GP
di Francia. Più fortunato Michele Alboreto, in Ferrari dal 1984 al 1988. Nel
1991 Gianni Morbidelli nel GP d’Australia fu chiamato a sostituire Prost e
giunse sesto. Nel 1992 Ivan Capelli disputò l’intera stagione con la
Ferrari e fu l’ultimo pilota a riuscire a tanto. Nel 1994 Nicola Larini fu
ingaggiato disputare il GP San Marino a Imola e ottenne un ottimo secondo
posto. Dovettero passare ben 15 anni prima
altri piloti italiani potessero guidare una Ferrari, appunto Badoer e
Fisichella
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