Andrej
Sakharov era un fisico sovietico che prima contribuì allo sviluppo della bomba
all’idrogeno poi si dedicò anima e corpo alla difesa dei diritti civili, per la
qual cosa fu sbattuto in galera e successivamente si guadagnò il Nobel per la
pace. Aveva un gran cervello e sapeva leggere l’evoluzione della società tanto
bene da riuscire a prevedere il futuro con grande precisione. Di lui ricordo
ancora uno scritto del 1975 su un supplemento dell’Europeo (settimanale dal
1945 al 1995) in cui illustrava la vita di 50 anni dopo. Mi sono rimaste in
mente soprattutto le parole relative al lavoro. Fra le altre cose diceva che ci
si sarebbe dovuti dimenticare del mitico posto fisso: non solo si sarebbe
cambiato il posto di lavoro per almeno 3-4 volte nella vita ma anche il tipo di
lavoro. E’ quanto succede esattamente oggi, naturalmente per chi ha la fortuna
di trovare un lavoro. Mi sorprende che quelle parole nel corso degli anni non
siano state ascoltate o siano state dimenticate: forse se qualcuno gli avesse
prestato maggiore attenzione oggi non staremmo qui a lamentarci tanto, a
barricarci sul tetto di un’azienda ormai incapace di proseguire la sua attività
ma ci saremmo dati daffare per cercare e produrre alternative. Cosa che
qualcuno, fra i giovani più determinati, oggi fa. Una recente indagine (novembre 2013) svolta dal Ministero del Lavoro con l'Unioncamere svela che ci sono 47.000 posti liberi che non si riesce ad assegnare. Un dato confortante, se si pensa che nel 2008 erano 217.000. Ma che la dice lunga anche su come la gente affronta il futuro: si cercano disperatamente infermieri, cuochi, giordinieri, camerieri, meccanici, sviluppatori di software, disegnatori tecnici, progettisti meccanici, assistenti sociosanitari. Certo che se uno si laurea in storia medioevale, poi non può mica lamentarsi se non trova lavoro. E se uno vuole tutte le domeniche o i sabato sera liberi e non fa corsi specifici, poi non può mica fare il cameriere, l'infermiere o il cuoco.
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