Perché
di un atleta che arriva ultimo in una gara si dice che è “maglia nera”?
Oggi
capita di sentir dire che fra i paesi che leggono meno libri la maglia nera
spetta all’Italia; oppure che la maglia nera dei mari inquinati è il
Mediterraneo. Maglia nera è sinonimo di primato negativo, un neologismo
acquisito dal nostro linguaggio sulla spinta di un ricordo per molti sfuocato
se non cancellato. Maglia nera era l’ultimo dei
corridori nella classifica del Giro d’Italia nell’immediato dopoguerra. Una
espressione prima soltanto figurata (nella nostra cultura il nero è colore
negativo) e poi concretizzata in un indumento da fare indossare al corridore
più lento in contrapposizione alla maglia rosa che spettava invece al primo. Colui
che trascinò nella leggenda e poi nel linguaggio corrente l’espressione “maglia
nera” fu Luigi Malabrocca, corridore tortonese, classe 1920: ultimo nel Giro
1946 a 4h9’34” dal vincitore Bartali, ultimo nel 1947 a 5h52’20” da Coppi,
penultimo nel 1949 a 7h47’26” da Coppi e “battuto” solo da Sante Carollo, un
friulano, classificatosi con un distacco di 9h57’07” dal primo. Fu
proprio il 1949 a consacrare alla storia il mito della Maglia Nera. Quell’anno
Malabrocca e Carollo furono protagonisti di un paradossale quanto epico duello,
non privo di colpi bassi, per arrivare in fondo al gruppo. Si nascondevano
dietro le siepi per farsi anticipare dal rivale, si fermavano nelle osterie per
perdere tempo, fingevano crisi apocalittiche per arrivare ultimi, compivano
acrobazie cronometriche per non finire la tappa fuori tempo massimo. “Vinse” Carollo
e a molti dispiacque sinceramente che Malabrocca fosse defraudato dalla fama
che si era conquistato con generosa fatica. Dispiacque soprattutto a Malabrocca
che, mancando l’obiettivo, dovette rinunciare a un sacco di soldi. Infatti
la faccenda della maglia nera era divenuta così popolare che l’ultimo arrivato
riceveva premi in denaro e in natura parecchio più consistenti di quelli
destinati ai piazzati dell’alta classifica. Fu quello del 1949 l’ultimo Giro
portato a conclusione da Malabrocca. La maglia nera fu assegnata ancora per
qualche anno ma, assente colui che l’aveva “creata”, perse il suo fascino e la
ragione d’essere. E così fu abbandonata. Ha resistito nel tempo solo come modo
di dire. Malabrocca all’inizio della sua leggenda aveva cominciato ad
arrivare in fondo al gruppo proprio perché non aveva la forza di fare meglio.
Ma poi mirò scientemente a quel piazzamento: ne guadagnava in popolarità e in
soldoni. La gente correva lungo le strade del Giro e sapeva che lo spettacolo
della carovana non si esauriva col passaggio dei primi ma sarebbe continuato
con la visione dell’Ultimo, l’arrancante Malabrocca. Quel nome poi, così
bizzarro, contribuì a fare la fortuna del corridore: era in perfetta simbiosi
con la caratura dell’atleta. Divenne popolare perché propagandato dallo speaker
del Giro e dalla trasmissione radiofonica “Giringiro”: “….ed ecco
l’irriducibile, mai domo, Malabrocca!!!”. E la gente applaudiva con convinzione
il possessore di quel nome sgangherato. Malabrocca però non fu solo e sempre
ultimo. Fu campione italiano di ciclocross e “nazionale” ai mondiali di questa
specialità. Vinse gare in Francia, Jugoslavia e Spagna. In Italia colse il suo
successo più significativo nella Coppa Agostoni 1948.
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