Perché
sui campi di calcio da tempo sono comparsi gli scarpini colorati in
sostituzione di quelli tradizionalmente neri?
Dai
primi Anni 90 la diffusione dei satelliti ha fatto sì che il calcio diventasse
sempre più uno sport televisivo e che la “domanda” di partite teletrasmesse
aumentasse a dismisura. Questo ha contribuito in maniera determinante al
rinnovamento della veste esteriore del calcio, soprattutto per quanto riguarda
il colore: c’era l’esigenza di conferire maggiore visibilità al gioco. Oggi c’è
addirittura chi vorrebbe colorare i pali delle porte e le varie zone del campo
(difesa, centrocampo, attacco). Già da tempo i
palloni avevano abbandonato il colore giallognolo, caratteristico fino agli
Anni 60: fatti non più di cuoio ma di poliuretano elasticizzato, si erano
evoluti dagli spicchi bianchi e neri alla molteplicità dei colori di oggi
passando per le sfere completamente rosse da usare in caso di campi innevati o
bianche per le partite in notturna. Nel 1998, per la prima volta in un
campionato del mondo, apparve un pallone policromo, il “Tricolore” dell’Adidas
che riproduceva la bandiera francese. Anche l’arbitro si è adeguato alla
tendenza: smessa la tradizionale casacca nera che aveva resistito fin verso la
fine degli Anni 80, è passato a divise verdi, rosse, gialle, grigie. Ciò ha
provocato di riflesso – come già accennato più indietro – una rivoluzione nelle
maglie delle squadre, rivoluzione dovuta anche a ragioni di merchandising. L’ultima
innovazione nel colore è relativa alle scarpe dei giocatori. Già da tempo il
basket aveva introdotto calzature rosse, blu o gialle.
Nel calcio fu la Diadora
– nel 1988 - la prima azienda a infrangere il tradizionale muro del “nero” e
Roberto Filippi del Napoli il primo giocatore a scendere in campo con scarpini
non convenzionali: erano completamente bianchi. L’idea piacque e pian piano
altre aziende la adottarono. Il boom degli scarpini a colori comincia però nel
1994. Ed ecco le Valsport bianche di Simone, le Diadora rosse di Weah, le
Adidas bianche di Sforza, le Lotto verdi di Gullit, le Kronos gialle di
Robbiati. L’Italia fu la prima a lanciare la moda delle scarpe con i colori
sociali: ed ecco gli scarpini rossoblu di Anderssson del Bologna, quelle
blucerchiate del sampdoriano Mancini. La moda del colore dilagò in tutto il
mondo, soprattutto per ragioni commerciali: molte aziende battezzarono col nome
di un famoso calciatore (da loro sponsorizzato) una linea di scarpe da football
e spesso per dare maggior forza al lancio pubblicitario del prodotto inducevano
il giocatore a scendere in campo con un modello colorato.
Oggi questa operazione di marketing si è rivelata estremamente efficace: basta che Cristiano Ronaldo indossi scarpini arancioni che subito le vendite di quel modello schizzano alle stelle. Nel dicembre 1996 il calzaturificio marchigiano La Pantofola d’Oro regalò a Paolo Di Canio, ex di Milan e Lazio passato al Celtic di Glasgow, un paio di scarpe color oro. Con quel “pezzo unico” ai piedi il giorno di Santo Stefano Di Canio segnò un gol strepitoso che valse la vittoria della sua squadra ad Aberdeen. Quel gol fu subito definito il più bello dell’anno e gli scarpini d’oro furono messi all’asta da una radio di Glasgow. Se li aggiudicò tale Ted Hunter, proprietario di una catena di negozi di articoli sportivi per la cifra di 30 mila sterline, qualcosa come 38 mila euro. Una bella pubblicità! L’azienda di Ascoli aveva poi fornito al giocatore una serie di scarpe da calcio biancoverdi, i colori del Celtic e scarpe bianconere per Ciro Ferrara, difensore della Juventus, in occasione della Coppa Intercontinentale 1996 fra Juventus e River Plate.
Oggi questa operazione di marketing si è rivelata estremamente efficace: basta che Cristiano Ronaldo indossi scarpini arancioni che subito le vendite di quel modello schizzano alle stelle. Nel dicembre 1996 il calzaturificio marchigiano La Pantofola d’Oro regalò a Paolo Di Canio, ex di Milan e Lazio passato al Celtic di Glasgow, un paio di scarpe color oro. Con quel “pezzo unico” ai piedi il giorno di Santo Stefano Di Canio segnò un gol strepitoso che valse la vittoria della sua squadra ad Aberdeen. Quel gol fu subito definito il più bello dell’anno e gli scarpini d’oro furono messi all’asta da una radio di Glasgow. Se li aggiudicò tale Ted Hunter, proprietario di una catena di negozi di articoli sportivi per la cifra di 30 mila sterline, qualcosa come 38 mila euro. Una bella pubblicità! L’azienda di Ascoli aveva poi fornito al giocatore una serie di scarpe da calcio biancoverdi, i colori del Celtic e scarpe bianconere per Ciro Ferrara, difensore della Juventus, in occasione della Coppa Intercontinentale 1996 fra Juventus e River Plate.
Si può
dire che il 1996 vide la nascita delle scarpe da calcio personalizzate per un
singolo calciatore e un singolo avvenimento. Il Mondiale 1998 in Francia fu una
specie di fiera della calzatura con Puma, Kronos e Diadora in evidenza nel
proporre scarpini colorati ai piedi dei più celebrati calciatori: verde-oro per
il brasiliano Taffarel, arancione per l’olandese Seedorf, azzurre per Baggio. Oggi
ormai la scarpa tradizionale nera costituisce quasi una eccezione. Fra i
calciatori più “colorati” c’è stato sicuramente il giovane attaccante del Milan, il
brasiliano Pato, che a seconda delle occasioni sfoggiava scarpini verde-oliva,
turchese, rosse, gialle, arancione: erano Nike, che oggi pare dominare il mondo
dei piedi multicolori.
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